Cassazione sentenza n. 601 – 10 gennaio 2020

 

La questione esaminata dalla Suprema Corte si riferisce al caso di una madre che, imputata del reato di cui all’articolo 388 c.p., era stata assolta in primo grado dal Tribunale monocratico di Reggio Emilia e successivamente, invece, era stata condannata per il medesimo reato dalla Corte d’Appello di Bologna. La Corte di Cassazione, investita della questione su ricorso della donna, annulla la sentenza impugnata, disponendo rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna, rilevando, fra l’altro, che: “ai fini della sussistenza del reato occorre che la condotta posta in essere dall’imputato sia di ostacolo alla realizzazione delle prescrizioni imposte con il provvedimento giudiziale.” Tale condotta non è ravvisabile nel comportamento della donna, difettando, oltretutto il dolo specifico costituito dallo scopo di sottrarsi all’adempimento degli obblighi civili.

Inoltre, per i Supremi Giudici vi sarebbe stata una “errata valutazione della testimonianza della dottoressa…CTU della causa civile, e la mancata valutazione delle circostanze rilevanti riferite dalla stessa circa i rapporti dei minori col padre e i loro sentimenti nei suoi confronti…nonché un travisamento della prova testimoniale della parte offesa e dei testi.”